TIRARE AVANTI O ANDARE OLTRE?

TIRARE AVANTI O ANDARE OLTRE? La catechesi e la comunità.

giornata UCDCon questa domanda esordisce Don Michele Roselli Direttore dell’UCD mostrando un gianduiotto ai circa quattrocento catechisti intervenuti presso il Centro Congressi “Santo Volto” di Torino, alla Giornata Diocesana dei catechisti. E chiama in causa la teoria dei neuroni specchio: attraverso quale catechesi le nostre comunità riescono ancora a trasmettere il gusto di generare alla fede?

Hanno risposto al quesito Don Ivo Seghedoni in qualità di “non parroco” – così suole definirsi – e catecheta della diocesi di Modena insieme al suo collaboratore don Marco Bonfatti.

L’immagine che Don Ivo usa per fotografare lo status della catechesi nelle nostre comunità è quella di un ingorgo stradale: non si riesce a tornare indietro e neppure andare avanti. Prigionieri del “si è sempre fatto così” e dei “paletti” (incontro, messa, ritiro, confessione…) ormai divelti dal tempo di una cultura pressoché cambiata, ne emerge che la nostra vecchia iniziazione cristiana (IC) in realtà “non inizi più a nulla” e come la medesima oggi prenda le mosse al di fuori dei nostri percorsi abituali.
Citando l’esortazione Evangelii Gaudium (EG), Don Ivo invita ad uscire dalla logica di una pastorale conservatrice ed a mettersi nell’ottica dell’osare nuovi cammini: la catechesi non può essere avulsa dal quotidiano.
Gli fa eco don Marco: l’IC va riferita ad un contesto molto più grande della catechesi, deve essere un apprendistato che contempli una comunità-bottega capace di accompagnare e sostenere, con percorsi differenziati, il bambino che diventa adulto.
Perciò la catechesi deve andare oltre, deve “osare e aprire nuovi cantieri” che abbiano come target gli adulti assieme ai bambini, ma con spazi e tempi diversi.
Questo sembra essere il primo dei quattro orientamenti emersi come possibili passi in avanti per le nostre comunità.
In secondo luogo viene auspicata l’opportunità di offrire un cammino conseguente ad una scelta motivata da una volontà consapevole, coraggiosa e libera. La fede, presentata come un bacio materno che attiva una responsabilità, come un dono gratuito, richiede, però, di essere accettato.
In terzo luogo si rivela strategica una conversione di ruoli, ovvero la capacità di uscire dal “potere del ruolo” del catechista per abbracciare “l’esigenza del ruolo” di accompagnatore delle famiglie. Questo richiede la formazione di una équipe di accompagnatori che cammina sulla medesima strada degli adulti in formazione.
Richiamando l’EG, infine, don Ivo ricorda come la logica della catechesi debba essere quella pasquale ricordando che non si può dare vita, se non morendo …. alle vecchie prassi.
Solo così le nostre comunità saranno generative alla fede: se rinunceranno agli stereotipi di un passato nella logica dei conquistatori ed abbracceranno quella dei camminatori sulle nuove strade che lo Spirito dischiude a quanti cercano Dio con rinnovata consapevolezza e libertà.